Amata Immortale

“Amata Immortale” arriva molto prima al cinema di quel “Bohemian Rapsody” capace in un sol colpo, di far scambiare il termine agiografico con biografico dal pubblico di mezzo mondo (oltre a far scambiare per capolavoro una pellicola poco più che riuscita). L’anno è il 1994 e dietro al racconto romanzato della vita di Ludwig Van Beethoven, troviamo Bernard Rose, che dopo il successo ottenuto con l’iconico horror “Candyman”, firma il suo film più riuscito. “Amata Immortale” non convisse pienamente la critica impegnata a confrontarlo, impietosamente, con un film decisamente più curato nella ricostruzione storica e degli eventi: “Amadeus” di Forman (ma diciamolo paragonare un capolavoro con un ottimo film è una pratica quasi scorretta). Nonostante questo il titolo si rivelò un discreto successo al botteghino. Uscisse oggi nei cinema, probabilmente bisserebbe il successo del film liberamente ispirato alla storia dei “Queen”, per due semplici motivi.

Amata

Il primo lo si ritrova nell’amore con cui la vita del compositore viene ricostruita, romanzata e interpretata. Il secondo è una questione di tempo, oggi un film che si prende così tante libertà narrative viene “digerito” più facilmente da pubblico e critica. La storia come spesso accade in pellicole di questo tipo inizia esattamente dalla fine. “Amata immortale” si apre con un piano medio del protagonista esanime sul letto di morte mentre fuori infuria un temporale cadenzato sulle note del “Concerto per pianoforte e orchestra n. 5”. Già qui l’importanza della musica è fondamentale dato che essa scandirà l’intero arco narrativo delle vicende, divenendo strumento narrativo. Una volta celebrati i funerali, l’amico del compositore Anton Felix Schindler, trova le ultime volontà del maestro, il quale desidera lasciare la sua eredità a una misteriosa amata immortale, amore segreto di tutta una vita. Schindler inizierà quindi la ricerca di questa donna, che lo porterà a conoscere la vita di Beethoven attraverso gli occhi delle tre figure femminili, che più di tutte hanno lasciato un solco indelebile nell’animo del compositore tedesco.

Amata

“Amata Immortale” è un film che Rose dirige con il cuore, forte di interpreti ben calati nella parte e una interpretazione indimenticabile da parte del suo protagonista: Gary Oldman. Oggi l’attore inglese ha pure ricevuto un Oscar per il suo Churchill ne “L’ora più buia” di Wright, ma il riconoscimento per le sue doti camaleontiche arriva veramente tardi, dato che negli anni novanta regalava al mondo alcune delle sue prove attoriali di maggior spessore. La pellicola di Rose mostra i segni di una età avanzata solamente in alcune scelte fotografiche e per qualche make up poco riuscito oggi come allora. Nonostante questi due nei, “Amata immortale” conferma la necessità di raccontare una vita importantissima per il panorama musicale, ma allo stesso tempo compie la scelta, cinematografica fino al midollo, di colmare i vuoti con lo spettacolo che solamente il grande schermo può regalare.

Amata

In “Amata Immortale” le musiche non si trasformano mai in un carosello ruffiano, ma trascinano la storia in un crescendo che esploderà nel momento più emozionante del film

Grazie a delle scenografie e costumi riccamente ricreati, il film regala alcuni dei suoi momenti migliori proprio quando ricostruisce una “realtà” immaginaria, necessaria a colmare i vuoti dovuti all’impossibilità di una ricostruzione biografica fedele. Basti pensare che molti studiosi mettono in dubbio l’attendibilità dei “Quaderni di conversazione” redatti da Schindler, in quanto sembrerebbe che quest’ultimo abbia manipolato gli scritti aggiungendo o sottraendo a piacimento alcuni argomenti. Ed è proprio su quei punti oscuri della vita del maestro che “Amata Immortale” si permette di portare su schermo la sua versione dei fatti, regalando allo sguardo alcuni dei momenti migliori del film.

Amata

Su tutti l’incontro mai avvenuto tra il Beethoven e questa donna misteriosa di cui era follemente innamorato. Ma cosa sarebbe un film su di un compositore senza le musiche dello stesso? Semplicemente una visione inutile. Rose però dimostra di amare il maestro tedesco proprio in virtù dell’uso delle opere dello stesso, inserite per descrivere in maniera simbiotica gli eventi. In “Amata Immortale” le musiche non si trasformano mai in un carosello ruffiano, ma trascinano la storia in un crescendo che esploderà nel momento più emozionante del film, quando Beethoven ormai completamente sordo assisterà alla prima esecuzione della sua sinfonia nr.9. Rimane poco altro da dire, o forse ci sarebbe moltissimo da approfondire, ma quello che conta è che “Amata immortale” è un film fatto con il cuore prima che con un libro di storia della musica e questo basta per abbandonarsi ogni volta ad esso.

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