“Al calare delle tenebre” – Un horror dimenticabile, ma involontariamente esilarante
Come di consueto, quando mi approccio a un film, inizio sempre analizzando il cast tecnico per individuare nomi che possano suscitare qualche ricordo particolare. Regista, direttore della fotografia e autore della colonna sonora sono le figure su cui mi concentro maggiormente. Nel caso di Al calare delle tenebre, a sorprendermi è stato il nome del direttore della fotografia: Dan Laustsen.
Laustsen è un professionista che ha firmato titoli di grande rilievo come Il patto dei lupi, La forma dell’acqua, Crimson Peak e diversi capitoli della saga di John Wick. Insomma, uno che di solito sa il fatto suo. Peccato che qui sembri aver girato con gli occhi bendati. Se per lui possiamo parlare di un semplice incidente di percorso, lo stesso non si può dire per il regista Jonathan Liebesman, che con questo film debutta sul grande schermo con l’eleganza di un elefante in una cristalleria.
La trama: un mix di leggenda, prevedibilitĂ e scelte discutibili
Parlare di trama in riferimento a Al calare delle tenebre è quasi generoso. Il film prende il via dalla maledizione di Matilda Dixon, un’anziana signora vissuta nell’Ottocento nella cittadina di Darkness Falls (titolo originale del film, che con quello italiano c’entra come i cavoli a merenda). Matilda, affetta da una malattia della pelle che le impediva di esporsi alla luce solare, viveva isolata ma era benvoluta dai bambini del luogo, tanto da guadagnarsi il soprannome di “fata dentina” (sì, davvero). Era solita scambiare i denti da latte persi dai piccoli con una moneta d’oro.
Tutto molto tenero, finché alcuni bambini scompaiono e gli abitanti, nella miglior tradizione del medioevo, decidono di darle fuoco. Prima di morire, Matilda lancia una maledizione minacciando di perseguitare chiunque osi guardare il suo spirito mentre scambia i denti. Praticamente un horror basato sul concetto di nascondino estremo.
Secoli dopo, la leggenda diventa realtĂ per Kyle Walsh, un ragazzo sopravvissuto alla furia della Dixon da bambino. Ormai adulto, si ritrova a dover affrontare di nuovo l’entitĂ maledetta quando decide di aiutare il fratello minore di una sua vecchia amica, tornando a Darkness Falls per mettere fine alla maledizione. La domanda è: riuscirĂ a farcela prima che il pubblico perda del tutto la pazienza?
Un horror anni 2000 tra cliché e CGI discutibile
Nel panorama horror degli anni ’90 e primi 2000, Al calare delle tenebre è solo uno dei tanti film che cercano di mescolare l’estetica di Scream con mostri generati in CGI e un uso eccessivo di effetti sonori, spesso più spaventosi dell’atmosfera stessa. Probabilmente, se fosse uscito in un altro periodo, sarebbe finito direttamente in home video. Ma all’epoca il costo degli effetti speciali richiedeva un passaggio al cinema per rientrare nelle spese. E il pubblico ha pagato.
Jonathan Liebesman dimostra tutte le sue lacune dietro la macchina da presa: gli attori sembrano impegnati in una recita scolastica, la tensione è quasi inesistente e il montaggio rasenta il caos più totale. La colonna sonora? Boh, pervenuta solo sulla carta. Tuttavia, c’è un elemento che, pur non rendendo il film un capolavoro, lo salva dall’essere un disastro completo: è involontariamente esilarante.
Sì, Al calare delle tenebre è un horror fallimentare e derivativo, ma riesce a intrattenere come un video di gatti che cadono dal divano. Potremmo definirlo un guilty pleasure per chi ama il genere, un film così brutto da risultare quasi affascinante nella sua mediocrità .
Vale la pena recuperarlo?
La risposta è un deciso no. Ma se avete voglia di vedere uno di quegli horror prodotti in serie negli anni ’90 e primi 2000, allora Al calare delle tenebre è sicuramente uno dei migliori tra i peggiori. Prendere o lasciare: a voi la scelta, ma non dite che non vi avevo avvertiti.