A proposito di Davis – fine
“Se non è nuova e se non invecchia mai, allora è una canzone folk…”
A proposito di Davis
Quando il protagonista Davis fa uscire dalla sua bocca queste parole descrive perfettamente l’anima del film, un omaggio sentito alla musica e al mondo dell’arte in generale, cinema compreso. Malinconia e toni incolore contraddistinguono questa ultima fatica dei fratelli Coen, che tornano a una dimensione intima, per raccontare il viaggio di un musicista intrappolato nel ricordo del successo che aveva assieme al suo compianto partner. Davis possiede un rapporto conflittuale con tutto ciò che lo circonda, così come sembra essere anche il cinema dei cineasti, combattuto tra una autorialità indipendente e l’esigenza di inseguire una alternativa al sistema, facendo del protagonista di questo viaggio di ricostruzione del ricordo, metafora di un mondo che cannibalizza se stesso.
Il corpo del cinema dei Coen non è mai stato così statico e auto citazionista, sembra quasi che non ci siano più parole da usare ne strade da percorrere in quanto tutte le traiettorie sono già state battute, la deriva è giunta e forse i due cineasti, così come la carriera di Davis, hanno bisogno di quel tornado che osservava Larry Gopnik alla fine di “A Serious man”, capace di rivoluzionare e riscrivere la realtà in tutte le sue dimensioni.
“A proposito di Davis” divine quindi una pietra tombale, una presa di coscienza da parte dei registi, su una visione che giunta allo Zenit non può far altro che ripetersi, incapace di cambiare forma per rinnovarsi, per poter funzionare ancora senza ricorrere ad un aumento delle dimensioni (Il Grinta, Non è un paese per vecchi). Malinconico, incolore, senza tempo ed allo stesso tempo senza fiato “A proposito di Davis”, ha al suo interno un animo appassito dal bisogno formale di creare uno spettacolo elegante e compiuto, trasportando lo sguardo al suo interno per un’ultima triste ballata folk.