A History of Violence

A History of Violence – Una volta abusata non ti lascia più.

In “A History of violence” Tom Stall (Viggo Mortensen) è un comune cittadino con una bella moglie e due ragazzi, è proprietario di una piccola tavola calda sita in uno sperduto paesino degli States. I giorni si rincorrono tra soddisfazioni coniugali e familiari, fino a che una sera entrano nel suo ristorante due criminali intenzionati ad ammazzare i presenti e rubare l’incasso giornaliero. Proprio in quel momento Tom compie un gesto eroico fermando, ammazzandoli, i due. Fama e successo faranno si che il suo passato ritorni a tormentarlo, facendo crollare un muro d’illusioni costruito per nasconderlo agli occhi e menti dei suoi familiari.

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Tratto da un racconto a fumetti di John Wagner e Vince Locke l’ultimo lavoro di Cronenberg ne utilizza come partenza personaggi, luoghi ed eventi, ma intensifica quanto elencato poco fa e aggiunge particolari momenti, per dare in pasto allo spettatore un racconto sulla violenza talmente lucido e freddo, da sembrare un saggio su tutti i tipi e tutte le forme in cui questa si può presentare o edificare negli uomini e nei loro stati d’animo. Dei 95 minuti di durata il regista Canadese non spreca nessun centimetro di pellicola nemmeno nei titoli di testa in cui introduce in modo impeccabile, i due personaggi chiave per dare il via alla ruota di eventi che cambierà per sempre l’esistenza della famiglia Stall.

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Ed è proprio la credibilità nella ricostruzione del climax famigliare a rendere il film appassionante e assolutamente credibile; Cronemberg in pochi attimi, aiutato da un cast perfettamente a suo agio nei rispettivi personaggi, tratteggia perfettamente le personalità di ogni componente della famiglia, dalla madre (Maria Bello) innamorata della sua vita al figlio (Ashton Holmes) che vede nel padre un modello da seguire, fino ad arrivare alla piccola figlia (Heidi Hayes) che a fine della storia è l’unico personaggio a non venire contaminato dalla violenza e ci regala il momento indimenticabile di tutto il film.

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La storia ci mostra attraverso il classico canovaccio del passato che ritorna ogni tipo di violenza da quella implicita a quella esplicità, Mortensen sveste i panni dell’eroe salvatore della terra di mezzo per passare direttamente ad un personaggio dalla dubbia moralità, e se inizialmente riesce a renderlo simpatico con il proseguo della pellicola la sua interpretazione convince maggiormente quando ribalta tutto facendocelo disprezzare; questo è reso possibile come detto prima dalle grandi qualità degli attori di contorno, in cui troviamo anche due cattivi d’eccezione interpretati rispettivamente da Ed Harris e William Hurt.

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Ad unire il tutto c’è però un Cronenberg, abile burattinaio, che sfrutta tutte le sue pedine al meglio, ma soprattutto propone una regia asciutta e senza eccessi di sorta anche se alla fine molte delle sue tematiche d’autore, riescono a fare capolino anche qui senza però spostare l’attenzione dal racconto ma favorendo narrazione e il coinvolgimento. Però non è tutto oro quel che luccica, infatti “A history of Violence” ha la sua più grande lacuna nella tematica legata al “sogno americano” fin troppo sfruttata e che diminuisce l’originalità del “racconto”. Per il resto vedere un incubo inserirsi nella quotidianità famigliare in un modo così diretto fa perdonare alla pellicola anche altre piccole beghe presenti durante la visione.

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