7 Sconosciuti a El Royale

Ci sono film ben fatti, riusciti ma non davvero convincenti, come se avessero qualcosa che non funziona di difficile decrittazione. Una storia interessante, dei personaggi ben caratterizzati un regia incalzante al punto giusto a volte non bastano per sancire la riuscita di una pellicola. “7 sconosciuti a El Royale” di Drew Goddard rientra in questo “filone” di titoli dal potenziale enorme ma inespresso. La vicenda che si svolge a metà anni ’60, vede sette persone di razza ed estrazione differente soggiornare tutte assieme presso l’albergo El Royale (gli sconosciuti del titolo italiano).

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Particolarità di questo sta nel suo essere posizionato a metà tra due stati, la California e il Nevada. La struttura negli anni di maggior splendore ha visto figure di spicco della società usufruire dei servizi disponibili, attori, politici, cantanti e altri hanno soggiornato in quelle stanze, prima che il progresso economico isolasse quasi completamente l’albergo. Ora per pura casualità queste sette persone si ritroveranno a passare una notte dai risvolti inaspettati che cambierà per sempre le loro vite. Come scritto in apertura “7 sconosciuti a El Royale” è una pellicola ben realizzata in cui si sente la mancanza di quel particolare più o meno bizzarro che la trasformerebbe in un cult istantaneo.

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Drew Goddard infatti con un occhio a Tarantino e un altro al cinema giallo di un tempo, mette in scena con dovizia e precisione un film che auspica a essere un outsider produttivo capace di ritagliarsi un proprio spazio grazie alla sua personalità stilistico/narrativa. Purtroppo dopo una parte iniziale incalzante, il film del regista americano rallenta paurosamente il ritmo narrativo creando un climax che quando dovrebbe esplodere, a seguito di un ospite inatteso, in realtà si disinnesca facendo così scemare completamente l’interesse nel racconto.

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“7 sconosciuti a El Royale” non risulta mai veramente coinvolgente, se non nella parte iniziale, però riesce a regalare comunque uno spettacolo, per quanto poco incisivo e dimenticabile, decente e a tratti intrigante. Sotto la scorza colorata delle scenografie di “El Royale”, Drew Goddard scrive e dirige un film troppo schiacciato dalle sue stesse ambizioni, ma non per questo immeritevole di essere visto almeno una volta.

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