La ricerca della felicità

La ricerca della felicità – Emozioni di plastica?

“La Ricerca della felicità” segna l’esordio del regista italiano Gabriele Muccino in una produzione americana. Basato sulla storia vera di Chris Gardner (Will Smith) e figlio, la pellicola mette in scena le lotte compiute da questo contro un sistema capitalista che poco spazio lascia a sogni e speranze. Nelle due ore di film vedremo solamente una parte della vita di Gardener, concentrata per lo più nella sua spasmodica ricerca di lavoro per poter salvare la sua famiglia e dare al figlio il futuro migliore possibile. Muccino alla prima sua regia su una sceneggiatura non proprietaria, ma scritta dal promettente sceneggiatore Steve Conrad, crea una pellicola impersonale che dell’italiano direttore ha solo la firma visiva.

La ricerca della felicità

“La ricerca della felicità” segna un passo avanti da parte del regista verso un equilibrio stilistico che va incontro a difficoltà sul lato emozionale. Il film fatica a coinvolgere completamente lo spettatore nella vicenda, il trasporto necessario, la creazione di empatia nei confronti del protagonista sono due cose che non trovano costanza durante la visione, rendendoci troppo distaccati per poter comprendere realmente l’agonia e disperazione di Gardner. Se si esclude questo non propriamente trascurabile problema si può considerare la pellicola più che riuscita. “La ricerca della felicità” fluttua su due piani distinti ma ben intrecciati dalla sceneggiatura, mostrandoci i bassifondi della città degradati ed inadatti alla vita di una persona nonché modello indiscutibile di annullamento del “sogno americano”.

La ricerca della felicità

A fare da contrasto a ciò troviamo  i grandi palazzi del centro, in cui tutto è propeso verso l’alto, dove sembra albergare la salvezza, ove limpossibile diviene realizzabile anche se spesso questo va a discapito di chi sta in basso. Due opposti che coesistono equamente nel film di Muccino, come accade anche al personaggio interpretato da un grandioso Will Smith, ed infatti vediamo il padre affettuoso, ma pure l’uomo che per conseguire lo scopo sa che deve compiere qualche peccato, perché da nessuna parte insegnano che per inseguire i sogni si resta candidi.

La ricerca della felicità

“La ricerca della felicità” fallisce nel suo probabile obbiettivo primario, quello di emozionare, ma si salva molto bene nella rappresentazione della disgregazione tra fascie sociali abbattutasi negli anni del crack finanziario americano. Un film freddo che si lascia ugualmente vedere, rimane interessante per tutta la sua durata ma regala più sbadigli che sorrisi o lacrime, questo è probabilmente dovuto anche al fatto che lo spettatore extra U.S.A. non potrà mai comprendere appieno la pregnante atmosfera di un’America in rovina, ancora esistente ma da sempre ben nascosta.

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