Il Grinta

Il Grinta – La vendetta ha un prezzo

Un uomo è ingiustamente assassinato e una figlia in cerca di vendetta ingaggia uno sceriffo federale per trovare l’assassino e avere giustizia. Inizia il cammino di un vecchio ubriaco e di una quattordicenne che impareranno a conoscersi e a rispettarsi, tra le terre desolate e insidiose di un’America che ha poco rispetto per i criminali ma anche per gli uomini della giustizia dai metodi poco ortodossi. Il cinema dei fratelli Coen riparte dalle radici della loro nazione, (ri)raccontando una storia classica di azione (la morte del padre) e reazione (la vendetta della figlia) dove vengono completamente azzerati stereotipi di genere, musiche incalzanti e personaggi pronti a diventare eroi.

Il Grinta

Il western dei Coen trasporta lo sguardo verso le derive intime dei personaggi, non distrae con scenari immensi che mozzano il fiato, ma concentra l’attenzione sui protagonisti e le persone che incontrano sul loro cammino (memorabile l’incontro con l’indiano e il medico). Il mondo de “Il Grinta” è freddo ed esente da qualsiasi tipo di epicità, tutto è molto semplice e diretto ed ogni frase pronunciata dai protagonisti pesa su di loro e su quello che li circonda. La macchina da presa dipinge i passi di una vera e propria “danza dell’anima”, dove alle due estremità troviamo Rooster Cogburn (un magnifico Jeff Bridges), anziano e smaliziato, dall’altra parte Mattie Ross (Hailee Steinfeld), giovane e in cerca di vendetta.

Il Grinta

In mezzo a loro “ballano” personaggi come LaBoeuf (Matt Damon che si leva definitivamente l’aspetto da star in favore del racconto) il ranger texano dalle sicurezze che vengono a mancargli ed ovviamente Tom Chaney (un misurato Josh Brolin che sa dosare gli eccessi del suo personaggio senza renderlo una macchietta), il vero deus ex machina del film dalle cui azioni si scatena la storia. Con una parte finale dal debordante impatto scenico i due registi firmano un’opera completa sotto ogni aspetto e curata anche nel minimo particolare.

Il Grinta

Diviso in due parti (scelta resasi ovvia per la progressione fluida della storia), ove a una prima molto cerebrale se ne affaccia una seconda che deraglia verso una deriva maggiormente visiva (la sparatoria finale è un esempio di montaggio e inquadrature che difficilmente si scordano), trova il proprio peccato primordiale nella perfezione stessa ottenuta meticolosamente dai Coen.

Il Grinta

Il mondo de “Il Grinta” è talmente reale e tangibile a livello visivo e non, che si rimane stupiti a rendersi conto con il proseguimento della pellicola che non c’è nessuna porta d’entrata per lo sguardo, costretto a non penetrare in un corpo cinema vivo, pulsante, quasi furioso, relegando il cuore fuori dello schermo per gran parte del film che pur emoziona, ma non appassiona come avrebbe potuto, trasformando chi guarda negli empi che fuggono nominati a inizio del film, o più semplicemente in un voyeur che vorrebbe vedere quel capolavoro che “Il grinta” suggerisce di essere, ma che in realtà non è.

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