Hancock

Hancock – L’allontanamento dei corpi

Il cinema è un palcoscenico dove eroi di ogni tipo hanno avuto modo di mostrarsi al mondo. Oggi dopo uomini metallici, mutanti ed eroi mascherati, arriva il primo “uomo” dotato di spuer-poteri. Siamo distanti da quelle figure sicure di loro stesse che mettono a repentaglio la loro vita per salvare il prossimo ad ogni costo, John Hancock (Will Smith) è un “uomo qualunque” dotato di poteri inimmaginabili che tenta d’aiutare il prossimo, causando spesso e volentieri più danni che altro. Ubriaco e menefreghista, tutte le sue azioni non vengono apprezzate dai cittadini di Los Angeles, che lo odiano per i più disparati dei motivi.

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Un giorno però salva (facendo deragliare però un treno) Ray Embrey (Jason Bateman), esperto di pubbliche relazioni che per sdebitarsi gli offre di curare la sua immagine per venire così apprezzato per quello che fa. I due iniziano a lavorare assieme nonostante l’antipatia della moglie di Ray, Mary Embrey (Charlize Theron) nei confronti di Hacock, la quale non vede il bene in ogni persona come il marito. Peter Berg regista dell’incolore “The Kingdom” è l’artefice di questo bizzarro film sulla costruzione di un eroe, il quale è scritto ed interpretato meglio di quanto non sia diretto.

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“Hancock” parte da un’idea originalissima che già era stata sfiorata nel film d’animazione della Pixar “Gli incredibili”, ovvero la repulsione dell’eroe da parte delle persone comuni in seguito ai danni causati dalle proprie azioni. Infatti il protagonista interpretato da Will Smith è a tutti gli effetti un anti-eroe che fa di tutto per aiutare il prossimo, causando innumerevoli disastri attorno a se, arrivando a odiarsi e ad autopunirsi ubriacandosi di continuo. “Hancock” è una pellicola fatta per intrattenere e divertire (e per inciso riesce appieno nel suo scopo primo), ma dopo un’inizio mirabolante e perfetto, deve pagare dazio all’aver comunque preferito di soffocare ogni indole drammatica della sceneggiatura a favore della spettacolarità e della comicità.

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E’ infatti la seconda parte quella che più stride con il tutto, quando l’inesistente autorialità di Berg scende in campo e rovina uno dei colpi di scena migliori che ci si potrebbe aspettare in una produzione di questo tipo, trasformando il film in una semplice spettacolarizzazione degli eventi, sorretta dal cast e dagli effetti speciali che lo elevano oltre la soglia della sufficienza, lasciando però quel sapore amaro che collima con le classiche frasi: “Se fosse stato…”, “Avrebbero potuto”. Ma “Hancock” però non parla solo di eroi, super poteri, l’origine di queste figure, ma racconta anche come i sogni e l’amore non siamo più privilegi da affrontare in coppia.

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I corpi che una volta si univano aumentando la loro forza alimentata dall’amore, oggi devono essere separati, quasi a dimostrare che sono solamente i singoli individui a poter ambire a qualcosa di migliore, proprio come nelle tragedie greche. In un mondo in cui la comunicazione diretta tra persone viene sempre più a mancare, ed in cui chat e webcam creano un’identità a misura d’immaginazione, vedere che anche gli eroi devono essere costretti ad una vita di solitudine per poter rimanere tali getta una ombra non da poco su dove stiamo andando. Ciononostante “Hancock” suggerisce soltanto questi temi, andando a soffocarli con un ritmo sostenuto ed un impatto visivo devastante, che aiuta a divertire chiunque per tutta la sua durata.

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