AQUAMAN

AQUAMAN – Avventura colorata

Atlanna (Nicole Kidman) è la regina del regno sommerso di Atlantide, fuggita dal suo popolo per evitare un matrimonio combinato verrà ritrovata in fin di vita da Tom (Temuera Morrison), il solitario guardiano di un faro. Tra i due nascerà un amore che porterà alla nascita del figlio Arthur, ma le cose belle durano poco e il quadro famigliare si spezzerà molto presto costringendo la regina a far ritorno nel suo regno sottomarino. Arthur figlio meticcio di due razze tanto diverse crescerà portando dentro di sé i migliori aspetti di entrambe e diventando Aquaman (Jason Momoa).

Quando una guerra tra atlantidei e terresti sta per scoppiare per mano di Re Orm (Patrick Wilson), Arthur farà ritorno ad Atlantide e aiutato dalla principessa Mera (Amber Heard), inizierà un viaggio alla ricerca di una reliquia che gli permetterà di prendersi ciò che gli spetta per diritto di nascita, ossia il trono di Atlantide. “Aquaman” di James Wan per gran parte della sua durata sembra più un ibrido tra “Indiana Jones” (quando va bene), o la versione fantascientifica di “Fast & Furious” (quando va male).

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Il risultato è un film talmente scemo e sopra le righe capace però di regalare uno spettacolo di intrattenimento, sicuramente non coerente nella narrazione ed eccessivo nella sua rutilante messa in scena, ma almeno divertente. Il regista Malese che già aveva dato prova di saper gestire carrozzoni macina incassi con il settimo capitolo della famiglia Toretto, prende in mano una sceneggiatura da brividi e riesce a trasformarla in una pellicola godibile appesantita da una durata eccessiva ma necessaria per raccontare uno script tanto vario e poco coeso.

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James Wan costruisce “Aquaman” ingrandendo di minuto in minuto la materia filmica, fino a farla esplodere in un tripudio kitsch dai colori sgargianti, che vede a chiusura di sequenza sempre una battuta comica pronta a stemperare quanto visto per lasciare spazio a quello che verrà subito dopo, che sarà più imponente e maggiormente kitsch. Ma fortunatamente il ritmo non manca ed è così serrato che non si ha il tempo di riflettere su quanto si è visto un momento prima. La pellicola di fatto racconta le origini del personaggio e la mitologia che si porta appresso, fatta di leggende marine, faide famigliari e una guerra da evitare.

Niente di nuovo per il genere di appartenenza, potremmo quasi fare un parallelo con il primo “Thor” di casa Marvel, ma l’aspetto interessante dell’operazione imbastita da Wan sta nel suo voler portare al collasso la struttura tradizionale del cinecomic per poi riplasmarla a piacimento. Obbiettivo questo che gli riesce solamente a metà, ma tanto basta a rendere “Aquaman” se non un film riuscito, almeno un interessante esperimento sul genere.

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Wan sembra paradossalmente molto più interessato a girare una pellicola di avventura piuttosto che un adattamento di un fumetto. Il regista guarda più verso il videogioco “Uncharted” (da cui prende di peso la coppia uomo/donna alla ricerca di un tesoro che li porta a girare il mondo), che al cinema tratto dalle tavole colorate e il paradosso, se così vogliamo definirlo, sta nel fatto che quando il cinema di avventura prevale su quello fumettistico la pellicola regala le sue parti migliori.

Ma proprio come l’amore spezzato tra Tom e Atlanna, anche questa produzione prima o poi deve ritornare dentro determinati schemi, quindi accantonata l’avventura si ripiomba nel rutilante carrozzone kitsch dal ritmo indiavolato che vede mostri marini, raggi laser, colpi di scena prevedibili e tutto quello che serve per accontentare il più possibile il pubblico di riferimento. Wan però decide di non prendere mai seriamente il protagonista e questa scelta è probaiblmente la migliore per rendere interessante un personaggio che parla con i pesci e combatte a fianco di mostri cavallucci marini giganti.

Enorme, scemo, sopra le righe e oltremodo lungo, ma anche divertente, tutto questo è “Aquaman” di James Wan, un film che trova il suo senso di esistere nella sua lotta interna tra lo spirito fumettistico e quello del cinema di avventura.

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AQUAMAN
In breve
Enorme, scemo, sopra le righe, oltremodo lungo, ma anche divertente. Tutto questo è “Aquaman” di James Wan, un film che trova il suo senso di esistere nella lotta interna tra lo spirito fumettistico e il cinema di avventura. Una pellicola riuscita solo in parte, che non innesca alcuna riflessione, ma risulta un inaspettato e piacevole esperimento di decostruzione strutturale del cinefumetto moderno. "Aquaman" è un baraccone kitsch capace d'intrattenere a dovere a patto di non puntare lo sguardo sugli enormi problemi di coerenza della storia.
2.5
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